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I MAURIZIANI A CATANIA

Una festa religiosa, tra tradizione e integrazione

La nostra identità di siciliani è naturalmente e storicamente meticcia, miscelata e ibridata, frutto ed esito delle molteplici e benefiche contaminazioni che gli eventi storici e le conseguenti dinamiche acculturative ci hanno riservato. Il rispetto per il sacro degli altri è una condizione irrinunciabile per accettare reciprocamente le diversità culturali e religiose, che tutte insieme compongono il variopinto mosaico di umanità, la cui bellezza sta probabilmente all’origine dell’atto creatore.

 

Sergio Todesco

 

I mauriziani che vivono a Catania, oltre duemila, rappresentano una tra le più numerose comunità fra quelle presenti nel territorio nazionale. Ogni anno parte della comunità di fede tamil celebra in onore della divinità Muruga il rituale del Cavadee Thaipoosam, considerata una delle feste più popolari ed importanti nella cultura dell’India meridionale. In questo mio progetto fotografico lo scopo è quello di mostrare come un popolo, mantenendo vive le proprie tradizioni e la propria cultura attraverso una festa religiosa, riesca ad essere ben integrato in un contesto diverso dal proprio. Questo aspetto dimostra come, scrive Sergio Todesco nella nota conclusiva della mostra fotografica Il Sacro degli altri. Culti e pratiche rituali dei migranti in Sicilia, promossa dalla fondazione Ignazio Buttitta:

Il nostro territorio sia divenuto spazio di pratiche sacrali di atti di interlocuzione con la divinità assai distanti, e per forme e per contenuti, dalle nostre fedi e dalle nostre tradizioni religiose. Lo fanno con uno sguardo antropologico cui sono sottese un’umana partecipazione, una lucida comprensione delle culture tutte, la cui mirabile varietà non viene mai avvertita come un problema quanto piuttosto come un arricchimento.

Le celebrazioni del rituale prevedono un lungo periodo di preparazione spirituale, durante il quale si osservano regole rigide di preghiera, sobrietà e astinenza. Ci si deve astenere dal sesso, e per questo motivo gli uomini dormono sul pavimento, si segue un’alimentazione a base di frutta e verdura ed è permesso bere solo latte e acqua. Tutto ciò allo scopo di preparare la mente ed il corpo ad accostarsi alla divinità. Siamo in una calda Domenica mattina di inizio Maggio, sembra di essere già in piena estate. L’appuntamento per i preparativi avviene lungo la riva della spiaggia Playa dove i cavadee, grandi archi di legno di bambù decorati con fiori, frutti e piume di pavone, vengono posati, allineati e consacrati dall’officiante. Le fotografie mostrano scene tanto crude quanto spettacolari: l’officiante interviene su un penitente con degli aghi sulla lingua e le guance, compiendo delle perforazioni rituali sotto un lenzuolo bianco. Un altro penitente viene colto in una fase concitata di estrema sofferenza, prima di salire con i piedi su degli zoccoli chiodati. Dopo questa fase il cavadee viene posto sulle spalle dei penitenti che lasciano la spiaggia e iniziano una lunga processione a piedi scalzi verso il tempio, attraversando il Porto e l’antico quartiere di San Cristoforo, ballando e dimenandosi per lo stato di trance. Le donne eseguono un tradizionale ballo scandendo il tempo con dei bastoni di legno. In queste fasi concitate della festa i penitenti dimostrano a se stessi e agli altri la propria capacità di saper soffrire, allo scopo di raggiungere una maggiore consapevolezza spirituale. Per i tamil mauriziani tutto questo ha un duplice significato: quello di purificarsi sradicando il male e di soddisfare i propri desideri.                  

 

Il fervore di queste persone incuriosisce gli abitanti del vecchio quartiere che si soffermano a guardare questa multiforme ed esplosiva celebrazione. La sensazione è quella di essere proiettati attraverso i colori, i suoni e gli odori in un angolo remoto dell’India, ma questa è Catania da sempre luogo d’incontro e contaminazione di diverse culture.

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